CENTRO VISITE DI CLAUT
Piazza San Giorgio, 4 - 33080 Claut (PN)
TELEFONO: Per informazioni 0427 878078 Parco Naturale delle Dolomiti Friulane
ORARIO VISITE:
Da Pasqua: aperto le domeniche, orario 14.00 - 17.00
Dal 1 Giugno al 24 Luglio: aperto i sabati e le domeniche, orario 15.30 - 18.30
Dal 25 luglio al 30 Agosto: aperto tutti i giorni, orario 15.30 - 18.30
Dal 1 Settembre al 13 Settembre: aperto le domeniche, orario 15.30 – 18.30
Altri orari su prenotazione
Il "Museo della Casa Clautana", composto dall'allestimento museale presso il centro visite del Parco Naturale Dolomiti Friulane e dalla Ciasa da Fum, vede da un lato la pregevole ricostruzione dell'ambientazione di una casa clautana accompagnata dal percorso della donna "sedonera" "fora pal mont", e dall'altro la possibilità di visitare un'abitazione tipica locale originale risalente al diciassettesimo secolo.
Al piano inferiore si trova la mostra espositiva riguardante i ritrovamenti di orme di dinosauro su tutto il territorio comunale, oltre ad una sala che periodicamente ospita mostre di vario genere ed ogni anno nei mesi di luglio e agosto viene allestita una mostra tematica diversa, quale sviluppo del museo stesso.
Il il punto informazioni del Parco delle Dolomiti Friulane.
Museo Casa Clautana
Percorso museale incentrato sulla figura della donna clautana.
Una donna che cammina con una gerla sulla schiena, una “Sedonera”: questo il simbolo del Museo Casa Clautana, che dal 1990, grazie all’Associazione Museo Casa Clautana “Dott. Eugenio Borsatti”n, permette al pubblico di scoprire com’era la vita di un tempo in Valcellina. Non un oggetto, dunque, bensì l’idea dell’andare, del movimento delle donne locali che partivano, a piedi, per varie località dell’Italia settentrionale a vendere gli utensili in legno prodotti durante l’inverno dai mariti. Cucchiai, pepaiole, mestoli e altri oggetti ancora, trasportati dentro a una gerla o su un carretto spinto a mano, di piazza in piazza, di casa in casa.
A differenza degli uomini, le donne rimanevano a valle, addentrandosi nei boschi per reperire la legna necessaria alla vita quotidiana. Si occupavano dell’educazione dei figli, delle pulizie di casa, cucinavano, filavano, tessevano, cucivano abiti e calzature come i tipici scarpèth, delle calze realizzate con la lana, visibili all’interno del museo.
Partivano in primavera e in autunno, “fora pal mont” (in giro per il mondo) come venditrici ambulanti, esperienze che favorivano una grande apertura mentale ed elevate conoscenze geografiche. Le bambine ascoltavano rapite i racconti delle nonne e una volta anziane tramandavano a loro volta, alle nipoti, le esperienze vissute in giro per il nord Italia, perché il loro territorio di vendita spaziava dall’Emilia Romagna alla Lombardia.
Il compito di venditrice ambulante, perciò, scandiva l’intero ciclo di vita di una donna e a questa riflessione è dedicato un angolo del museo, considerato particolarmente simbolico.
Il percorso inizia con la camera: “il luogo di coppia”, come spiegato, uno spazio “sacro”, dove si nasceva e moriva. Nella stanza sono visibili, tra le molte cose esposte, il pavimento realizzato con tavole di recupero, il letto matrimoniale in legno, una culla e la cassapanca per il corredo. Poco più in là la cucina, con gli attrezzi usati per la preparazione del cibo, le panche, il pentolone appeso sopra il punto in cui, a terra, veniva acceso il fuoco. Tra le curiosità, anche la stanza dedicata al gioco dei bambini, con oggetti ricavati da materiali semplici, come i fischietti e le fionde in legno.
Ciasa da Fum
Il Museo si espande sul territorio comunale con il recupero dei ruderi e delle testimonianze della cultura materiale e dei modi di vita del passato.
L'intuizione della direttrice di abbinare al Museo la realtà di un'abitazione clautana antica di 4 secoli e preservata nella sua integrità a causa dell'abbandono in cui versava. Fortemente voluta e realizzata dalla compianta Teresa Borsatti fondatrice dell'associazioneche ha curato il museo, la “Ciasa da Fum” immerge i visitatori nella realtà dei secoli passati e grazie all'odore del fumo e alla luce del fuoco riporta in vita le nostre radici.
La “ciasa da fum”, unica dimora rimasta a far luce sul medioevo clautano, ci si avvale di questa singolare realtà storica per tramandare la dignitosa povertà e il coraggio esistenziale che il visitatore ritrova nel racconto espositivo del Museo stesso.
Aria stantia, sentore acre di fumo, unto e fuliggine stratificati sulle pareti: queste le tracce lasciate dal fuoco che fino agli anni Cinquanta scaldava la “Ciasa da Fum”, uno dei pochi esempi superstiti di antica dimora clautana. Costruita più di 400 anni fa, rappresenta una preziosa testimonianza non solo architettonica, ma anche dello stile di vita di un tempo. Una vita caratterizzata dall’autosufficienza, in cui le famiglie dovevano produrre da sé cibo, vestiario e oggetti utili alla quotidianità, lavorando sodo non solo tra le quattro mura, ma anche nei campi, nei boschi, in malga, in base alle stagioni.
Acquisita dal locale Museo Casa Clautana, e in parte restaurata, la dimora si sviluppa su tre livelli, con muratura in pietra e solai e copertura in legno. Al pianterreno, un porticato dà accesso alla cucina, un angusto ambiente con il soffitto ad altezza d’uomo e le pareti completamente annerite nella metà superiore, chiaro indizio del fumo che vagava per le stanze. Varcando la soglia, sulla sinistra, è visibile il punto in cui ardeva il fuoco, fondamentale fonte di luce e calore e fulcro della vita domestica. Attorno a esso si riuniva la famiglia, la donna cucinava, i bambini facevano i compiti e l’uomo, nelle giornate invernali, fabbricava utensili in legno: cucchiai, mestoli, scodelle e altri oggetti che poi, in primavera e autunno, la donna andava a vendere in giro per l’Italia settentrionale, spostandosi a piedi.
Il fuoco veniva acceso in una buca per terra e la conseguente nuvola grigia non veniva dispersa all’esterno da alcuna canna fumaria. Il tetto, infatti, attualmente in legno, un tempo era di paglia: le scintille condotte avrebbero potuto incendiarlo. In cucina non ci si poteva difendere dall’elevata concentrazione di fumo, ma le esalazioni si riducevano notevolmente stando bassi o accovacciati: per questo motivo le panche sono poste a una quarantina di centimetri dal pavimento. Va detto, però, che anche questa situazione era sfruttata, sistemando un’assicella di legno che permetteva l’affumicatura di carni e formaggi. I cibi venivano poi trasferiti nel camerìn, una dispensa attigua alla cucina.
La giornata, nella “Ciasa da Fum”, si concludeva con il richiamo della guardia comunale, che di sera passava per le strade esortando i clautani a spegnere i fuochi, per limitare il rischio di incendi. Prima di raggiungere la camera da letto al piano superiore, attraverso una scala esterna, la padrona di casa nascondeva, se ce n’erano, alcune patate tra le braci, che avrebbero costituito la colazione del mattino seguente.