La Storia

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Descrizione

Da una testimonianza avuta da un cavatore, ora deceduto, risulta che la cava fosse stata aperta già nel 1953 dalla Società Marmi di Belluno del Professor Broglio, l'ing. Tenani e gli avvocati Magrini, in seguito all'analisi di un campione di marmo portato a Belluno da un carbonaio.

 

I lavori iniziarono con la preparazione della teleferica che dai "Bus de Bacòn", località dove era situata la prima cava, andava in salita fino al "Col de la Lessa" e poi scendeva in località "Valdapònt".

 

In seguito a dei saggi di pietra chiamati “trovanti”, capirono che più in alto ci doveva sicuramente essere qualcosa di più redditizio, abbandonarono così quella prima cava e nel 1957 aprirono quella in Buscada, a direzione della ditta Furrer di Massa Carrara.

Il cantiere iniziò con la costruzione della casa (alloggio dei cavatori) che ancor oggi viene identificata come la casa del Furrer; dopo di che, nel mese di novembre, i lavori proseguirono con la messa in opera di un muro, situato esattamente dietro la casa, per evitare franamenti.

 

Il lavoro in cava non era affatto semplice e, tra le altre cose, era raggiungibile soltanto da un sentiero che i cavatori percorrevano a piedi per raggiungere il posto di lavoro, carichi di attrezzi e quanto occorreva per trascorrere la settimana in quota.

La parte più complicata, tuttavia, consisteva nel trasportare a valle i blocchi di marmo.

Per questo motivo venne costruito uno “scivolo” lungo 1 km che portava il materiale di cava fino alla teleferica; questa, poi, proseguiva in Val Zemola.

In seguito, nel 1962 fu costruito un tratto di strada che da Erto portava fino all’arrivo dello scivolo, in modo da non dover più utilizzare la teleferica.

Infine, nel 1977, la strada fu prolungata fino alla cava attraversando il bosco Barùco e venne perfino scavata una galleria perforando il monte Palazza: senza quest’ultima sarebbe stato impossibile raggiungere la cava.

 

In Buscada hanno lavorato fino a 15-20 operai tra i quali anche giovani come Mauro Corona (all’epoca 18enne), Carlo "de Mamanin", Carlo "de Carrara".

Tra i loro compiti c’era quello di raggiungere la Casera Bedin per recuperare prodotti come latte e formaggio e poter poi rifornire la mensa. 

 

In casa c'erano 20 posti letto, la cucina, la sala da pranzo, la camera della cuoca, quella del capo, l'infermeria e la cantina, mentre i servizi igenici erano all'esterno.

Questi servizi consentivano agli operai di alloggiare sul posto dal lunedì al venerdì e rincasare poi per il weekend.

 

La presa dell'acqua era sulla “Palàtha” ed era utilizzata sia per la casa che per la cava e per il taglio del marmo, che avveniva tramite filo elicoidale.

 

Per quanto riguarda l'illuminazione, invece, c'era un generatore a motore diesel: di giorno veniva utilizzato in cava e di notte nell'alloggio. Grazie a questo generatore, che forniva energia elettrica, i cavatori disponevano anche di una televisione, una delle poche presenti all’epoca.

 

La giornata lavorativa era molto lunga e stancante e portava gli operai a grandi sforzi per potersi guadagnare quanto da poter vivere: lavoravano infatti, dalle 10 alle 15 ore al giorno per liberare lo scarto e quando necessario anche di notte.

 

Dopo il disastro del Vajont fu impossibile continuare con l’attività di estrazione del marmo e i lavori furono quindi interrotti; ricominciarono solo nel 1966.

 

Il marmo cavato è a strati di colore rosso-ramello scuro, il migliore veniva mandato in America e una parte a Massa-Carrara.

Veniva utilizzato per pavimenti, colonne, vasi e caminetti.

Nel paese nuovo è stato utilizzato per i muri lungo la via principale, per quelli nella zona del campo sportivo e lungo la via "le Vare".

 

Per il cimitero, i muri lungo la scalinata, l'altare, la pavimentazione della sala consiliare e del Comune è stato invece utilizzato quello della cava in località "Naro".

 

Si racconta che già nell'antichità sia stata sfruttata la cava di Buscada e che venissero calati i blocchi attraverso il Valòn de Buscada fino al fiume Piave.

Anche nel tempio edificato dai Romani ad Esculapio, Dio della medicina e della salute, le colonne sono del marmo di Buscada (ora cappella dei Santi Quirico e Giulietta).