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ANTROPOLOGIA
L’ ampia conca che ospita l’ abitato di Claut, è riparata da imponenti pareti dolomitiche, che superano i 2.000 m, fino agli inizi del ‘900 era luogo accessibile solo attraverso stretti sentieri. Ciò ha creato un forte isolamento della popolazione ed una forte radicazione di usi e costumi, presente ancor oggi.
CENNI STORICI
Il nome “Clauto” compare con certezza attorno al Secolo X dell’ Era Cristiana, per cui in epoca relativamente recente, si parla di Claut, appunto come centro abitato, deriva dal latino “Clauditus” che significa luogo chiuso.
LA VILLA DI CLAUT
Nell’ anno 924 la “Villa di Clauto” viene ceduta dalla Contessa Longobarda Imeltrude all’ Abbazia di Sesto al Reghena ma diverse teorie gli attribuiscono l’ origine romana. La notizia dice diverse cose, che Claut era un “Villa” e cioè un centro abitato ed organizzato, che apparteneva alla Contea di Ceneda, che la villa era di pertinenza di Vassalli dipendenti del Feudo Cenese e che il territorio aveva delle risorse economiche.
Per cui un riferimento certo al 924, l’ attribuzione di “Villa”, ciò permette di farne risalire l’ origine vera e propria di molto anteriormente. Anche il fatto di essere un Territorio Subinfeudato lascia supporre che la sua entità demografica dovesse essere un punto di riferimento importante, almeno dalla conquista dei Franchi. L’ appartenenza alla Contea di Ceneda si può giustificare dal fatto che i collegamenti venivano più facili dal versante bellunese che friulano.
SACRO ROMANO IMPERO GERMANICO
La Villa di Claut dipendeva dall’ Abbazia di Sesto, sia dal punto di vista spirituale, sia dal punto di vista temporale, ovvero tutti gli obblighi e regole proprie dei vassalli, i quali facevano a loro volta capo al Principe Feudale del Sacro Romano Impero Germanico, a cui apparteneva, appunto l’ Abbazia di Sesto. Nella Bolla di Papa Lucio III del 13 Dicembre 1182, si fa riferimento alla vita dei Clautani desumendo che numerose erano le attività praticate tra cui la pesca, praticata in maniera redditizia. Così come i boschi che venivano tagliati in maniera sistematica, Claut era un punto di riferimento importante con competenze proprie territoriali, esistevano i molini che testimoniano l’ attività agricola ed il commercio, cosa questa impressa nel dna del popolo e giunta fino ai giorni nostri. L’ Abbazia di Sesto esercitò il proprio dominio fino al 1797, anno in cui iniziò la Dominazione Austriaca.
Di queste scarsissime note, possiamo farci un’ idea di una località per nulla trascurabile, con abitanti che avevano scoperto e sapevano far fruttare le risorse disponibili nell’ ambiente naturale, comunità alpina, che, con tutti i limiti del luogo, si era venuta esprimendo con tutta l’ ingegnosità di chi ricerca ogni fattore per sopravvivere e progredire.
Ingegnosità diventata nel corso dei secoli, intrinseca alle persone del luogo, si spiega in questa maniera, la grande propensione al commercio ed ai ruoli importanti posseduta dai Clautani.
I LONGOBARDI
Reminescenze nei toponimi locali legati alla presenza longobarda possono essere attribuite a nome quali: “Giaeda”: bosco; “Ferron”: zona di pascolo, purtroppo però, non esistono prove o tracce certe legate al periodo Longobardo.
LA SERENISSIMA REPUBBLICA VENETA
Nel 1420 Claut cambia padrone e passa sotto il dominio della Repubblica Veneta, segue un lungo periodo di pace ma le tasse dei Clautani continuano ad essere versate, non più all’ Abate ma ai Signori di Maniago.
Il Peron del Consiglio dei Dieci: CX![]() |
Il centro abitato di Claut diventa “VICINIA”, governata da un “PODESTA’”, la Vicinia altro non era che un’ assemblea di capifamiglia chiamati a governare la vita comune. In altri luoghi, come il vicino Cadore era ed è tutt’oggi conosciuta come “LE REGOLE”.
Dazi e pedaggi erano costituiti da beni materiali come il granoturco, diritti vari ma la gente del luogo avrebbe dovuto consegnare alla REPUBBLICA VENETA anche un ricavato in legname, data le grande necessità di Venezia di materiale da costruzione. Esistono diverse suppliche dei Clautani verso il SERENISSIMO PRINCIPE DI VENEZIA in cui chiedevano, viste le condizioni di miseria in cui versavano, di non pagare i dazi dovuti, alla fine accolte.
Esiste una testimonianza nel Bosco di Lesis, lungo l’ antica mulattiera che portava alla malga Pradut, data dal PERON DEL CONSIGLIO DEI DIECI. Trattasi di un grande sasso con incisa una C. ed una X., queste due lettere, scolpite in profondità, che la tradizione orale attribuisce al CONSIGLIO DEI DIECI DELLA SERENISSIMA REPUBBLICA DI VENEZIA, stanno a testimoniare la venuta a Claut dei Delegati Veneti. Costoro, constatarono l’ impossibilità di far fluitare il legname lungo il Torrente Cellina, tortuoso, stretto e inadatto al passaggio di grossi tronchi, che servivano a Venezia, incisero le due lettere a perenne testimonianza dell’ esonero di tale fornitura. Il Peron del Consiglio dei Dieci è tutt’ ora visibile, dimenticato ma fedele testimone nel tempo.
EPOCA MODERNA
Il Friuli subì la Dominazione Francese prima e quella Austriaca poi, nel 1793 iniziò il Dominio Francese e subito dopo, nel 1797, diventò una Provincia soggetta agli Asburgo d’ Austria. Nel 1805 i generali di Napoleone mettono in fuga gli Austriaci così il Friuli diventa nuovamente Francese e dal 1813 al 1866 passò di nuovo sotto al Dominio Austriaco.
Periodo complicato ma importante in cui vengono aboliti i Feudi Immemorabili ed applicato il Codice Civile Napoleonico, fu introdotta la Coscrizione Obbligatoria. Alcune innovazioni non saranno mantenute dagli Austriaci ma la nuova amministrazione era molto efficiente. L’ Austria creò la Provincia di Udine, divisa in 21 distretti, Claut apparteneva al Distretto di Maniago all’ interno del REGNO LOMBARDO VENETO.
IL COMUNE , LA SCUOLA ED I CARABINIERI
In questa epoca nasce il COMUNE al posto della Vicinia, che assume gli antichi obblighi delle Chiese Parrocchiali tra cui la tenuta dei registri della Popolazione e l’educazione Scolastica. Al comune spettava anche l’onere di trovare e stipendiare il Maestro, oltre che all’istituto scolastico. Certo è che, all’inizio dell’ 800 a Claut non c’era nessuno che si prendesse cura dell’istruzione dei tanti ragazzi e l’analfabetismo era diffuso, lo testimoniano le tante croci apposte ai registri dell’ epoca. Nel 1866, in Via Roma, fu istituita la Stazione dei Carabinieri la quale aveva giurisdizione sui tre comuni: Claut, Cimolais ed Erto.
LA MISERIA
Oggi non esiste traccia delle varie dominazioni subìte dal popolo Clautano, il territorio era talmente povero e difficilmente raggiungibile da non costituire un avamposto, rimanendo fuori dalle logiche di conquista delle varie dominazioni. Unico reperto storico visibile è il PERON DEL CONSIGLIO DEI DIECI, che testimonia l’ appartenenza alla Serenissima Repubblica Veneta che però pochi conoscono.
IL “MANSO” DI CLAUT
“Clautani attaccati alla loro terra”, questo poteva essere sinteticamente il riassunto di intere generazioni di famiglie, almeno fino a pochi decenni or sono. Di 166 kmq che compongono il territorio comunale, solo qualche ettaro rappresenta la superficie coltivabile piana, alcuni prati scoscesi e tanto bosco. I campi coltivati, in questo contesto, sono sicuramente il frutto di decenni di lavoro a braccia, per dissodare, livellare, concimare e rendere produttive quelle piccole porzioni di terreno importantissime per la sopravvivenza di intere famiglie. Ogni zolla poteva raccontare le fatiche servite a strappare alla natura questi fazzoletti di terra nera, su questi fattori psicologici si deve trovare la ragione dell’ amore all’ attaccamento della terra da parte dei Clautani.
Nel 1399, i Clautani, che dipendevano dall’ ABBAZIA DI SESTO AL REGHENA, per disposizione dell’ Abate e dei Diritti Feudali, non potevano vendere ai forestieri ma ai soli abitanti della VILLA. Con questa regola, in caso di vendita, dovevano farne offerta ai consorti, poi ai vicini, all’Abate, poi agli abitanti dei paesi confinanti. In alcuni antichi documenti si parla di: “Manso sito in Cloto”, cioè terreni dei Signori dell’ Abbazia, ceduti in forma enfiteutica per essere lavorati in cambio di tributi.
Scorrendo velocemente le mappe catastali comunali, però, già a partire dalla Carta Topografica Napoleonica del 1836, sorge subito all’occhio una caratteristica comune a molti paesi di montagna, le particelle territoriali sono piccolissime e tantissime, spesso si tratta di striscioline sottili e lunghe. Sono il risultato delle continue divisioni dei terreni al momento della successione ereditaria, al momento della morte del capofamiglia, i terreni erano divisi in parti uguali fra i figli, questo ha portato all’ odierno frazionamento del territorio.
La cultura del “MASO” che in Alto Adige è arrivata fino ai giorni nostri, nella montagna friulana non ha trovato successione alcuna, così facendo si è persa l’ importanza della terra, lo scarso interesse per essa ed il conseguente abbandono delle terre montane.
Boscaioli Clautani in Romania![]() |
LO SPOPOLAMENTO
Il centro abitato di Claut ha subito negli anni un inesorabile spopolamento che ha portato la popolazione residente odierna a poche centinaia, poco meno di un migliaio di persone oggi abitano a Claut.
Nel 1770, 994 erano i Clautani, da lì una costante crescita fino al 1947, anno di punta con 3.446 residenti a cui segue un costante declino che continua ai giorni nostri.
Le colpe attribuite a ciò sono sempre le stesse: isolamento, mancanza di lavoro, privazioni, ecc., questo poteva essere una giustificazione negli anni passati, con collegamenti scarni e precari. Oggi Claut è collegato da strade scorrevoli e sempre aperte ma l’ abbandono continua, forse, allora, le cause sono altre, la montagna non forma nei montanari la consapevolezza di poter e voler rimanere nel proprio territorio a creare famiglie, lavoro e ricchezza. E’ più facile andare dove il lavoro c’è già, dove l’ illusoria visione di una sorta di benessere, che tale non è, trasforma le persone in tante piccole api operaie, abituate a traghettare la loro vita per pochi denari.
Allora di chi è la colpa se la MONTAGNA SI SPOPOLA?
Dei Montanari!
Allora se la montagna si spopola, la colpa è unicamente dei montanari, incapaci di trasformare il territorio inestimabile che gli appartiene in ricchezza , votati a fuggire e diventare inermi figuranti, o al massimo, a rimanere nella veste di semplici osservatori di ciò che li circonda, spesso con l’adozione indiscriminata ed ignorante della critica e del lamento come unica strategia di crescita.
UN VILLAGGIO CHIAMATO CLAUT
La prima Corriera delle Autolinee Giordani di Claut![]() |
ANTICHE VIE DI COMUNICAZIONE
Fino all’ inizio del ‘900, a collegare Claut con la pianura Friulana da una parte e la vallata del Piave dall’ altra, c’ erano solo dei rari e pericolosi sentieri che hanno tenuto il piccolo Borgo, “prigioniero” e fuori dal mondo e dal tempo, lo stesso toponimo di Claut deriva proprio dal latino “Clauditum” , cioè “campo chiuso”.
Esistevano le “MULATTIERE”, sentieri abbastanza larghi da poter essere percorsi con la “MUSSA”, tipica slitta Clautana da trasporto.
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Salendo a malga Pradut, si percorre un’ antica mulattiera in parte lastricata di pietre, opera tangibile e densa di sapere umano, costruita da abili mani artigiane. All’ epoca, ben conoscendo il potere distruttivo dell’ acqua, era normale inserire all’ occorrenza, delle pietre trasversali che eliminassero l’ acqua dal sentiero, facendola tracimare di lato. Salendo lungo questo percorso ed osservando queste pietre è possibile notare il gran solco che presentano sulla sommità, frutto di migliaia di passaggi con la “MUSSA”, testimonianza indelebile del lavoro giornaliero di uomini ma specialmente donne, deputate al trasporto in quota dei viveri e dei prodotti dell’ alpeggio a valle.
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Le MULATTIERE erano le principali vie di comunicazione tra paesi montani,
ecco che…Claut barattava merci con FORNI DI SOPRA, scegliendo FORCELLA LARESEIT come punto di passaggio da una valle all’ altra;
ecco che… gli STATI DI PASSO, si possono ritrovare anche in una piccola testimonianza locale;
ecco che… in realtà, esisteva un’ economia fiera e saggia da cui traevano vitalità interi popoli residenti in montagna;
ecco che… anche qui, l’ apertura delle nuove vie di comunicazione, larghe, comode e veloci ha favorito principalmente lo spopolamento e l’ emigrazione;
ecco che… le tradizioni se ne sono andate via con le genti, la montagna si spopola,
ecco che…dovremmo imparare da tutti questi: ecco che…
Cacciatori di Volpi![]() |
ISOLAMENTO E SOPRAVVIVENZA
L’ ampia conca che ospita l’ abitato di Claut, è riparata da imponenti pareti dolomitiche, che superano i 2.000 m, fino agli inizi del ‘900 era luogo accessibile solo attraverso stretti sentieri. Ciò ha creato un forte isolamento della popolazione ed una forte radicazione di usi e costumi, presente ancor oggi.
Claut è chiuso fra le montagne, oggi questo non rappresenta un problema, gallerie scavate negli anni al cui interno passano le uniche vie di collegamento con il mondo, sono una garanzia di civiltà e di collegamento. Ma se queste non esistessero, anche oggi, arrivare ai paesi limitrofi, distanti una trentina di km , potrebbe essere uno sforzo immane, specialmente a piedi. Ecco che allora, guardando con occhi e spirito diversi, i paesi vicini, con cui scambiare merci e prodotti per la sopravvivenza, diventano altri. Montereale Valcellina, posto appena fuori dalla valle, a soli 30 km, 25 minuti di automobile, diventa irraggiungibile a piedi perché nel mezzo passa la Forra del Cellina, valicabile solo superando la montagna. Forni di Sopra, confinante con Claut, raggiungibile in auto con circa 2 ore e mezza di automobile, in realtà, attraversando a piedi una comoda forcella, è molto vicino
I SISTEMI DI CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI
Il paese grazie al microclima che possiede, ha sempre beneficiato di grandi nevicate, nei tempi antichi rimaneva isolato completamente per diversi mesi all’anno. Ma come si fa a sopravvivere 4 mesi in pieno inverno, al freddo, in pieno isolamento, senza collegamenti con il mondo esterno? Oggi dovremmo aggiungere anche: senza cellulare, internet, ecc. In realtà i Clautani e le genti di montagna dovevano superare i lunghi e rigidi mesi invernali con le loro uniche forze ma non erano soli, li accompagnava la conoscenza, frutto di centinaia di anni di esperienza e tramandata di generazione in generazione. Questo permetteva loro di sapere cosa fare e come farlo nella giusta maniera, come tante formiche laboriose si preparavano all’ arrivo dell’ inverno, i raccolti della terra erano sapientemente conservati, le mucche nella stalla accudite amorevolmente, le donne si trasformavano in abili cuoche, capaci di cucinare piatti sostanziosi con prodotti poverissimi, Gli uomini usavano le mani e pochi utensili per trasformare ciottoli di legno di Faggio, accuratamente selezionati, in utensili preziosi da trasformare in farina e prodotti con l’ arte del BARATTO. I Clautani passavano gli inverni, caratterizzati da nevicate copiose ed infinite, entro i confini immaginari ed invalicabili del paese, al caldo delle stufe a legna o delle mucche nella stalla, gli uomini e le donne lavoravano uniti in un unico obiettivo, la sopravvivenza. Le tradizioni antiche avevano insegnato loro diversi sistemi per conservare gli alimenti e permettergli di sfamarsi durante l’ inverno.
“IL CAMERIN”
Il “Camerin” era una piccola stanza con caratteristiche particolari, giusta temperatura ed umidità, pavimento in lastre di pietra, fresco in estate e caldo in inverno, la giusta dispensa dove poter conservare gli alimenti.
“LA SALAMORA”
Era quella del Formaggio Salato, un tino in legno conteneva un sapiente mix di latte, acqua e sale in giusta quantità, all’ interno venivano depositate alcune forme di formaggio che prendevano appunto un gusto leggermente salato. La “Salamora” era normalmente posizionata in un luogo strategico e particolare e veniva gestita sempre ed unicamente dalla stessa persona.
“AL PESTITH”
Una delle coltivazioni tipiche di Claut erano le RAPE ROSSE, venivano raccolte in Autunno e messe a macerare in un tino di legno dopo essere state leggermente sbollentate. Chicchi di mais, foglie di verza e un po’ di aceto completavano la macera. Questo composto veniva posizionato nel “CAMERIN” e lasciato macerare. Durante i mesi freddi, un po’ alla volta, le rape venivano raccolte, tritate finemente, passate in padella con lardo e salsiccia e mangiate con la polenta.
“LE BRUSAULE”
Piccole e sottili striscioline di carne, potevano essere di manzo ma sovente anche di Camoscio o Capriolo, pepate e salate e fatte affumicare. Una volta trattate, duravano molto tempo e spesso entravano negli zaini di cacciatori e boscaioli.
“LE PETUCCE”
Si tratta di carne di manzo e/o capra tritata, insaporita con varie spezie ed erbe locali, modellata a forma di ricotta, passata nella farina di mais e fatta affumicare con legna di faggio e rami di ginepro. Anche le Petucce non avevano problemi di durata, benché inferiore alle Brusaule e venivano portate lontano.
“L’ ONT”
Una volta fatto, il burro, aveva l’ esigenza di essere conservato, veniva così fatto bollire sul fuoco e versato in un recipiente di pietra. Una volta raffreddato, durava diversi mesi, era sufficiente conservarlo nel “Camerin” e prelevarlo all’ occorrenza.
“L’ ARGOT”
Nella nostra montagna la vite da vino non è mai esistita, viste le temperature non favorevoli, di conseguenza l’ aceto non è nella nostra tradizione. Esisteva però un liquido che derivava dalla messa in macera del siero della lavorazione del latte, l’ “Argot”. Questo, dopo il giusto periodo di fermentazione, assumeva in tutto e per tutto il gusto acidulo del moderno aceto, differente solo per colore e limpidezza.
LA STALLA
Molti dei prodotti di cui ho appena parlato, derivavano dalla gestione della STALLA, esisteva in ogni famiglia, solo così la sopravvivenza era garantita, un mini allevamento costituito da due capi di bestiame ma così importante per tirare avanti in maniera dignitosa. Un micro cosmo che garantiva il LATTE e tutti i prodotti da esso derivati: RICOTTE, BURRO e FORMAGGI, non solo, il vitello rappresentava un approvvigionamento di carne importante, infine, il letame era l’ unico concime possibile per i campi e gli orti
LA PASTORIZIA E LE MALGHE
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Il Paesaggio Alpino Clautano è in parte caratterizzato dalla presenza in quota di numerosi pascoli, molti dei quali ancor oggi evidenti, altri purtroppo ricompresi nella vegetazione spontanea che con il passare degli anni, fa il proprio lavoro, impossessandosi di quello che a forza di braccia, aveva concesso.
All’ inizio del secolo, il patrimonio zootecnico di Claut era assai consistente, per un piccolo paesino tra i monti, il numero dei capi allevati si avvicinava al migliaio. Le stalle in paese erano in numero di una per famiglia e tutte le bestie, con l’avvicinarsi della bella stagione, venivano mandate in MALGA. Normalmente il periodo della transumanza era verso i primi di Giugno per salire nelle terre alte e la prima settimana de Settembre per il rientro in paese. Tutte le valli di Claut erano provviste di malghe, almeno una ventina quelle esistenti, di proprietà del Comune, venivano affidate in gestione a famiglie Clautane, ancor oggi la tradizione tramanda il legame di taluni cognomi a certe malghe. Il sistema funzionava in maniera efficace, semplicemente le malghe venivano affidata tre alla volta, questo consentiva al malgaro di effettuare la transumanza ovvero si spostava di malga in malga ogni quindici giorni, sia a salire, sia a scendere, questo permetteva la ricrescita dell’ erba per il bestiame. Il latte munto, veniva lavorato in loco, si produceva burro, ricotte, formaggio, spesso le ricotte venivano affumicate sopra il fuoco della “CASERA”, nome Clautano della Malga. Le donne avevano il gravoso compito di portare a valle i prodotti caseari e di rifornire la malga dei viveri di prima necessità, tutto a spalla. Ogni malga poi, aveva il “TAMER o TAMERUT”, piccola costruzione in legno o pietre, situata in alta quota, dove far pascolare le manze giovani. Il sistema malghivo consentì la costruzione ed il mantenimento di moltissime mulattiere di montagna, oggi declinate a semplici sentieri o peggio abbandonate completamente.
LA FIENAGIONE
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Durante il periodo estivo, con il bestiame in malga, in paese si provvedeva alla fienagione, ovvero a tagliare ed essiccare l’ erba che sarebbe servita a sfamare mucche e capre durante l’ inverno. Il poco territorio doveva essere diviso tra campi da coltivare e prati da sfalciare, ma se i primi trovavano giusta locazione nei pressi del centro abitato, i secondi venivano strappati al bosco, su ripidi pendii, fino al limitare delle rocce. Chiaramente il tutto avveniva manualmente, la FALCE era l’attrezzo usato per lo sfalcio, la FORCA ed i RASTRELLI completavano l’opera. L’erba veniva fatta essiccare almeno due giorni, girandola, ammucchiandola, allargandola ed infine raccolta in fascine strette con corde di canapa e trasportata a valle sulla schiena. In qualche località era presente il FILO A SBALZO per la legna, in quel caso anche il fieno veniva trasportato a valle con quel comodo mezzo.
I tagli del fieno erano tre, il primo “CULTURA” , era quello più copioso ed ruvido, il secondo “DORC” era morbido, il terzo “DORGOLIN”, era poco più di una rasata ma importantissimo in quella misera economia alpina. Tutta la provvista di prezioso alimento veniva portata a casa con il carretto e stoccata sopra la stalla, nel fienile.
Anche nella fienagione le DONNE CLAUTANE avevano un ruolo fondamentale, spesso il compito della fienagione era loro perché i mariti facevano i boscaioli. Quando i prati erano lontani, il marito partiva di buon’ ora per lo sfalcio, veniva raggiunto poi dalla moglie dai figli che portavano con la gerla, acqua, viveri, corde per legare il fieno, tutta la famiglia rimaneva fuori da mattino a sera.
Si narra di una donna Clautana incinta che, risalendo quelli che oggi, dal punto di vista geologico, chiamiamo “TERRAZZI FLUVIALI”, con il fascio di fieno sulla schiena, sentì un dolore nel basso ventre, posò il gravoso peso, partorì sull’ erba, e mestamente, rientrò a casa con il nuovo importante fardello.
L’ attività della fienagione, nel territorio di Claut, è arrivata fino ai giorni nostri, qualcuno ancora taglia e fa il fieno, purtroppo con passione ma in maniera hobbistica, senza dover sfamare bestie nella stalla.
I BOSCAIOLI
Abbiamo visto che il territorio Clautano è ricoperto di boschi, ceduo ed Alto fusto, conifere e latifoglie, ne consegue che il legno fosse la principale attività di un tempo, fatta di boscaioli prima e di artigiani poi. Il mondo dei boscaioli era antico, fatto di regole precise legate alle stagioni ed alle tradizioni tramandate di padre in figlio, il prodotto era il LEGNAME per la produzione di travi e tavolato derivante dal taglio degli ABETI BIANCHI e ROSSI e le “BORE” ovvero la legna da ardere che si ricavava dal FAGGIO o CARPINO. Spesso i boschi da tagliare erano lontani diverse ore di cammino, ecco che allora, i boscaioli si fermavano lassù per tutta la settimana costruendo un riparo di fortuna “CASON”. Per la gestione del bosco, che poteva durare anche parecchi mesi, veniva organizzato il cantiere che comprendeva, tra le altre cose, il FILO A SBALZO o la TELEFERICA, i quali potevano avere lunghezze di qualche chilometro.
Lungo i versanti provvisti di torrenti con sufficiente portata d’ acqua, si costruivano le “STUE”, vere o proprie dighe di legno che formavano un lago al cui interno veniva riversata la legna da far scendere a valle. Una volta terminato il riempimento, si azionava un piccolo chiavistello posto in una porticina alla base della diga, appena l’ acqua fuoriusciva, faceva tracimare completamente la diga con il suo prezioso carico, trasportandolo fino a valle.
IL POLLAIO
Anche il “GIALINIER” il pollaio, faceva parte integrante della famiglia Clautana, con l’ apporto della carne da mangiare ma soprattutto da essere utilizzata per il BRODO e la raccolta delle uova, fonte preziosa ed antica di proteine. Al giungere della bella stagione, la primavera, le soffitte erano piene di “Macs e Sedons”, i mestoli e cucchiai di legno che gli uomini avevano sapientemente preparato, ecco che le Donne Clautane si trasformavano e diventavano venditrici ambulanti le famose “SEDONERE”.
LE SEDONERE E I SEDONERS
“Ci sono cose che sfuggono alla normale comprensione, una di queste potrebbe essere la vocazione dei Clautani al commercio…..ce l’ hanno nel sangue.”
Un “CARRETTO DI LEGNO” era il loro mezzo di lavoro, carico di utensili di legno, partivano in primavera, mai sole, spesso con i figli al seguito, attraversavano le mulattiere della Valcellina, aspre come Gironi Danteschi per andare in giro per l’ Italia a vendere i loro prodotti. Barattavano i cucchiai con farine, cerali e prodotti che in montagna non esistevano per rientrare al paese dopo molti mesi, erano “LE SEDONERE” donne Clautane in giro per il mondo.
Non era una vita facile, le “Sedonere” camminavano e viaggiavano per tutta la nazione, emblematica la fotografia scattata sotto la TORRE DI PISA. Vendevano principalmente le “SEDONS” i cucchiai di legno che i loro mariti e famigliari, i “SEDONERS” , intagliavano durante i lunghi inverni. Nel 1981 a Claut erano attivi circa 30 artigiani, per lo più anziani e la produzione annuale era di circa 300.000 pezzi. Non si producevano solo cucchiai ma mestoli, pestasale ed altri oggetti di uso comune. Nella frazione di Pinedo si lavoravano anche i CESTI IN VIMINI, almeno una decina di persone.
Oggi a Claut gli artigiani che lavorano il legno non superano la decina.Ricordo che alcuni anni fa, arrivò nel mio alberghetto di Claut, una signora anziana con tutta la famiglia al seguito. Appena arrivata mi raccontò il motivo della visita: “ho voluto vedere Claut prima di morire… io abito a Bologna, in campagna e davo ospitalità a casa mia alle Sedonere di Claut”
LA CORRIERA
I Clautani, sono stati nel tempo, anche illustri e lungimiranti testimoni del loro tempo, fondando imprese e ricoprendo ruoli importanti, un esempio è sicuramente la Famiglia Giordani, la quale, ad opera di GIACOMO GIORDANI, che nel 1901 assunse l’ incarico di CORRIERE POSTEL, per poi fondare, nel 1914, il primo SERVIZIO DI DILIGENZA CON CAVALLI. Questo avvenne subito dopo l’ apertura della strada verso Longarone, nel 1921 il servizio fu sostituito dalla prima CORRIERA, ricavata da un residuato bellico, con gomme piene, trazione a catena e lampade a carburo. Da quella prima corriera, tanti anni sono passati ed il servizio delle CORRIERE GIORDANI ha continuato ad esistere, con nuovi automezzi, linee e servendo tutta la provincia di Pordenone, fino a pochi anni or sono, quando è stato ceduto all’ azienda ATAP.
Vechia Fornace da Calce![]() |
LE ATTIVITA’ LEGATE ALL’ ACQUA
Un paese isolato deve autogestirsi, le genti imparano a sfruttare ciò che la natura gli offre e questo facevano gli antichi Clautani. Avevano boschi in abbondanza, qualche campo ed acqua che scorreva nei torrenti, questo permetteva loro di ricavare energia meccanica per le principali lavorazioni, come MULINI, SEGHERIE, FORNACI. Non solo, facendo un’ attenta analisi delle location degli antichi stavoli e stalle nonché abitazioni private ed attività varie, si può notare che l’ acqua era l’ elemento caratterizzante nella scelta del luogo dove costruire, acqua per l’ artigianato ed acqua per tutti gli usi alimentari.
Nelle vicinanze del paese, sulle sponde del Torrente Cellina, si erano creati dei veri e propri MICRO DISTRETTI PRODUTTIVI la cui caratteristica principale era il moto ad acqua. Possiamo presumere che, le opere di derivazione e canalizzazione di quest’ ultima, dato che servivano contemporaneamente più attività, fossero realizzate in comune, come avveniva per le fornaci da calce.
LE FORNACI
Le Antiche Fornaci hanno un fascino molto particolare, perso nel tempo e nell’ incuria dei nostri tempi. Oltre ad avere un’ importanza strategica per la costruzione di manufatti e calce, ricoprivano un ruolo mistico che incarnava antiche filosofie esoteriche, il potere della trasformazione della materia prima attraverso riti, formule e procedimenti conosciuti solo a pochi eletti. Nel realismo moderno, purtroppo, siamo consapevoli che erano solamente la riproduzione di processi chimici ben noti e scientifici.
Esistevano due tipologie di fornaci: DA CALCE e DA COPPI, le Fornaci da Calce venivano costruite per fabbricare la calce che si usava per la costruzione dei muri di pietra. Normalmente la loro posizione era determinata e vicina al luogo dove si doveva costruire la stalla o altro, spesso la fornace serviva più stavoli, in questo caso, partecipavano alla costruzione tutti i proprietari interessati. Anche qui l’ elemento che non poteva mancare era il torrente, sia per la fornitura delle pietre necessarie, sia per l’ acqua che serviva per spegnere la calce, da qui il nome di “CALCE SPENTA”. La fornace veniva riempita di pietre ed accesa, doveva funzionare ininterrottamente per 52 ore, solo allora le pietre erano pronte per essere trasformate in Calce biana e pura, adatta a costituire la malta per legare i muri in pietra di queste antiche costruzioni.
Le FORNACI da COPPI invece erano organizzate in maniera diversa, dei veri e propri laboratori artigianali, nel territorio comunale ne esistevano due. Entrambe erano posizionate sulla sponda sinistra del Torrente Cellina, alla base della dorsale del Monte Ressetum, “il terreno era adatto alla costruzione di coppi e mattoni”, questo dicono i libri di storia, vero è che lungo le pendici in questione, vi è notevole presenza di argilla alternata a roccia Scaglia Rossa. La presenza di Ossido di Ferro, rendeva ai manufatti prodotti il caratteristico color rossastro.
LA FUCINA
Altro lavoro artigianale necessario era quello del fabbro, indispensabile alla costruzione degli antichi attrezzi da lavoro. Laboratori di questo genere ne esistevano diversi in paese, una famiglia era talmente addetta a questo lavoro che di soprannome è diventata: “FAURE” ovvero fabbro.
Però la Fucina vera e propria, meccanizzata e funzionante si trovava sulla sponda del Torrente Cellina. Anche qui la produzione era garantita dal funzionamento ad acqua, sapientemente derivata dal corso principale attraverso la costruzione di un canale in muratura.
LE SEGHERIE
La forza dell’ acqua faceva anche, naturalmente funzionare due segherie, una presente appena sotto il centro abitato ed una nella frazione di lesis. Il loro utilizzo era principalmente dedicato alla trasformazione del legno di abete in materiale da costruzione tipo travature e tavole. L’ ultima, quella di Lesis, funzionò fino al 1966, anno in cui l’ alluvione fece notevoli disastri, tra cui la distruzione della segheria e della prima centrale idroelettrica.
I MULINI
La coltivazione del mais ed ella segale, nel secolo scorso, ebbe notevole sviluppo nel territorio, soprattutto nella Piana di Pinedo, (Terrazzo Alluvionale fra il paese di Claut e Cimolais). Da qui si sviluppò anche l’ ATTIVITA’ MOLITORIA e sorsero ben 4 molini a Claut. Il primo fi costruito nel 1837 con tre ruote polimenti, un secondo presso la località Ciafurle con una ruota, un terzo nelle vicinanze della Fucina, ed un quarto dove sorgeva la segheria di Lesis.
Tutti i Mulini vennero costruiti da una persona, tale Copit Antonio, e poi rivenduti, probabilmente egli aveva le competenze necessarie a far funzionare il delicato meccanismo molitorio.
IL PROGRESSO
Un villaggio fra i monti, chiuso ed inaccessibile, questo era Claut, fino a pochi decenni or sono, che ha mantenuti inalterati usi, costumi e tradizioni delle epoche passate, che non è stato vittima del progresso. Purtroppo questo non è vero, il progresso, ha reso il centro abitato asettico e privo di identità architettonica. E’ solo frutto di un intervento pubblico a favore di privati il fatto che esistano alcune case che hanno mantenuto le caratteristiche LOGGETTE AD ARCO CLAUTANE. Tutto il patrimonio edilizio è andato perso o coperto, la rincorsa alle leggi del progresso ha portato a intonacare muri di pietra maestosi e bellissimi, a sostituire poggioli di legno con ringhiere di ferro, a togliere oscuri e montare tapparelle, qualcuno si è addirittura spinto a costruire case con i tetti di cemento. Non troppo tempo fa, e ne sono testimone, l’ Amministrazione Comunale provvide ad eliminare tutte le classiche fontane in pietra che in epoche antiche fungevano da abbeveratoi, uno scempio.
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Purtroppo è mancato un adeguato senso civico che facesse in maniera di mantenere le caratteristiche architettoniche di un tempo, oppure un adeguato regolamento comunale che lo imponesse. Il centro abitato si adagia su ampi pianori verdeggianti completamente immerso e circondato da montagne, come a proteggerlo, se ad oggi esistessero le antiche abitazioni ristrutturate, Claut potrebbe fregiarsi di essere un gioiello fra i monti.